Maria Masulli, Angela A. Rivellese
A nome del Gruppo di Studio della SID “Diabete e Aterosclerosi”
Viene alla nostra osservazione un paziente di sesso maschile di anni 59, affetto da diabete mellito tipo 2, per un approfondimento diagnostico-terapeutico del suo rischio cardiovascolare.
Anamnesi familiare e personale: la familiarità è positiva per diabete (madre), ipertensione (madre e padre), obesità (madre) e dislipidemia (madre). Entrambi i genitori sono morti per cause cardiovascolari: la madre a 75 anni per infarto acuto del miocardio e il padre a 79 anni per ictus.
Ex fumatore di circa 10 sigarette/die dall’età adolescenziale fino a circa 54 anni.
Il paziente è diabetico dall’età di 52 anni. Al momento della diagnosi ha ricevuto raccomandazioni nutrizionali e sullo stile di vita, che ha seguito e segue tuttora con discreta attenzione. Per i primi 3 anni ha trattato il diabete con sola dieta, successivamente ha iniziato terapia con metformina, che continua tuttora al dosaggio di 2 gr/die. Il suo compenso glicemico, valutato con profilo glicemico, è buono. Iperteso da circa 2 anni in trattamento con ramipril 10 mg. Il paziente riferisce lieve ipercolesterolemia, trattata con sola dieta.
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Esame obiettivo ed esami di laboratorio: il paziente è in sovrappeso (altezza 176 cm, 84 kg, IMC 27.1 kg/m2, circonferenza vita 99 cm), pressione arteriosa 132/78 mmHg, frequenza cardiaca 78 bpm ritmica. L’ECG è nei limiti della norma. L’indice di Winsor è 1.1 bilateralmente. L’eco Doppler dei tronchi sovraortici mostra ispessimento medio intimale diffuso, con presenza di placche all’origine della carotide interna bilateralmente (stenosi 65% a dx, 35% a sin). Il fondo oculare mostra retinopatia background. Assenza di complicanze neuropatiche. Null’altro di rilevante a carico degli altri apparati.
Gli esami di laboratorio mostrano: glicemia a digiuno 108 mg/dl, HbA1c 6.9% (52 mmol/mol), colesterolo totale 228 mg/dl, colesterolo HDL 40 mg/dl, trigliceridi 131 mg/dl, colesterolo LDL 162 mg/dl, filtrato glomerulare calcolato 78 ml/min, presenza di microalbuminuria (rapporto albuminuria/creatinuria 48 μg/mg).
1° quesito
Qual è il rischio cardiovascolare di questo paziente?
Il diabete tipo 2 è, in genere, considerato come un equivalente cardiovascolare, sebbene questa relazione sembri essere modulata dalla presenza di altri fattori di rischio cardiovascolari, dalla durata del diabete e dal grado di compenso glicemico (1). È pertanto importante categorizzare, anche nel paziente diabetico, il rischio cardiovascolare, in modo da intensificare le misure preventive nell’individuo.
La stratificazione del rischio cardiovascolare può avvalersi dell’utilizzo di algoritmi ad hoc costruiti. Gli algoritmi attualmente disponibili per il calcolo del rischio cardiovascolare non sono perfetti, in quanto in alcuni casi considerano il diabete come una variabile dicotomica, senza prendere in considerazione la durata di malattia e il grado di compenso metabolico, dall’altro perché disegnati per popolazioni a più elevato rischio cardiovascolare rispetto alla popolazione italiana. Le carte del rischio dell’Istituto Superiore di Sanità hanno il vantaggio di essere state costruite sulla popolazione italiana, ma hanno il limite di considerare il diabete come una variabile dicotomica (presenza/assenza), senza considerare la durata di malattia e il grado di compenso metabolico: non rappresentano, pertanto, ancora lo strumento ottimale per il calcolo del rischio cardiovascolare nella popolazione diabetica italiana. L’UKPDS RISK ENGINE, sebbene sia stato creato su popolazioni a più alto rischio rispetto alla popolazione italiana, è un algoritmo nel quale vengono presi in considerazione sia la durata di malattia sia il valore di HbA1c, pertanto viene considerato dall’IDF come lo strumento più idoneo per il calcolo del rischio nella popolazione diabetica.
Applicando il calcolo dell’UKPDS RISK ENGINE al nostro paziente, il rischio a 10 anni di eventi cardiovascolari è molto alto: 21% di evento coronarico e 13% di evento coronarico fatale. D’altra parte, questo paziente viene categorizzato come a rischio molto alto anche seguendo più semplicemente le indicazioni degli Standard di Cura AMD-SID (2), nonché le linee guida europee dell’ESC, European Society of Cardiology, e dell’EASD (European Association for the Study of Diabetes) (3), essendo diabetico, con danno d’organo (microalbuminuria, ateromasia carotidea), con più fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, sovrappeso) (Tab. 1).
2° quesito
Quali sono gli obiettivi lipidici per questo paziente?
Il colesterolo LDL è il principale obiettivo della terapia per la riduzione del rischio cardiovascolare. Come raccomandato dagli standard di cura AMD-SID, l’obiettivo di colesterolo LDL ottimale per i soggetti diabetici è <100 mg/dl. Nei pazienti diabetici in prevenzione secondaria o con molteplici fattori di rischio cardiovascolare e, pertanto, a rischio cardiovascolare molto elevato, i livelli di colesterolo LDL devono essere ancora più bassi (<70 mg/dl). Numerosi studi epidemiologici hanno identificato l’ipertrigliceridemia e il basso colesterolo HDL come fattori di rischio cardiovascolare indipendenti. Pertanto, ulteriori obiettivi da raggiungere nei pazienti diabetici sono: trigliceridemia a digiuno <150 mg/dl e colesterolo HDL >40 mg/dl negli uomini (50 mg/dl nelle donne).
Il nostro paziente, pur non avendo avuto un pregresso evento cardiovascolare, è a rischio cardiovascolare molto alto per la concomitanza di più fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, ipercolesterolemia, microalbuminuria) e per la presenza di lesioni ateromasiche conclamate (stenosi carotidea). Pertanto l’obiettivo di colesterolo LDL da raggiungere è inferiore a 70 mg/dl e gli sforzi terapeutici devono quindi essere mirati al raggiungimento di tale obiettivo. La trigliceridemia è a target, mentre il colesterolo HDL è ai limiti.
3° quesito
Che tipo di trattamento intraprendere, solo dieta o terapia farmacologica?
L’indagine alimentare del paziente mostra un’adeguata aderenza alle raccomandazioni nutrizionali per i pazienti diabetici, con un consumo percentuale di grassi saturi inferiore all’8% delle calorie totali. Per questo motivo, in questo paziente, dovendo ottenere un’importante riduzione dei livelli di colesterolo LDL, superiore al 50%, si ritiene che il solo rinforzo delle raccomandazioni dietetiche non sia sufficiente per ottenere una riduzione dei livelli di colesterolo LDL tali da raggiungere l’obiettivo terapeutico. Si ritiene pertanto utile un rinforzo delle raccomandazioni nutrizionali ma necessario procedere nel contempo anche con l’aggiunta di terapia farmacologica.
4° quesito
Quale farmaco aggiungere?
La terapia con statine rappresenta la prima scelta quando il colesterolo LDL non è a target con il solo intervento non farmacologico.
Numerosi trials hanno chiaramente dimostrato che la riduzione dei livelli di colesterolo LDL in seguito a terapia con statine riduce significativamente il rischio di eventi cardiovascolari fatali e non fatali, sia nella popolazione generale che nei soggetti diabetici (4-6).
In questo paziente, il farmaco di prima scelta deve pertanto essere una statina.
5° quesito
Quale statina scegliere?
La scelta della statina deve basarsi sulla valutazione della riduzione percentuale del colesterolo LDL necessaria per raggiungere il target e della potenza ipocolesterolemizzante delle diverse molecole presenti in commercio.
Seguendo sia le indicazioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco AIFA (7) sia le più recenti linee guida americane dell’American College of Cardiology e dell’American Heart Association ACC/AHA 2013 (8) si possono identificare statine a diversa intensità ipocolesterolemizzante: bassa (con riduzione del colesterolo LDL <30%), moderata (con riduzione del colesterolo LDL del 30-50%) o elevata (con riduzione del colesterolo LDL >50%) (Tab. 2).
Come sopra detto, per il nostro paziente è indicato ottenere un colesterolo LDL <70 mg/dl. Partendo da un colesterolo LDL di 162 mg/dl, è necessario ridurre il colesterolo LDL di oltre il 50%. È pertanto utile avvalersi di statine ad elevata intensità, e cioè l’atorvastatina 40 mg fino ad 80 mg oppure rosuvastatina 20 mg fino a 40 mg.
Si prescrive rosuvastatina 20 mg e si rimanda ad una visita di controllo a 3 mesi. Dopo 3 mesi il paziente torna a controllo con i seguenti esami ematochimici di controllo:
Colesterolo totale: 168 mg/dl; Colesterolo HDL: 41 mg/dl; Trigliceridi: 144 mg/dl; Colesterolo LDL: 98 mg/dl; CPK e transaminasi nella norma. Sebbene il colesterolo LDL si sia ridotto di circa il 40%, non ha ancora raggiunto il target terapeutico preposto. Si decide pertanto di aumentare il dosaggio della rosuvastatina a 40 mg e si rivaluta a 3 mesi.
Dopo altri 3 mesi il profilo lipidico è il seguente: colesterolo totale 150 mg/dl, colesterolo HDL 39 mg/dl, trigliceridi 148 mg/dl, colesterolo LDL 81 mg/dl. È stata raggiunga una riduzione del colesterolo LDL del 50%, ma il valore non è ancora a target.
6° quesito
Come proseguiamo nel follow-up del paziente?
A questo punto ci possono essere d’aiuto i risultati dello studio IMPROVE-IT (IMProved Reduction of Outcomes: Vytorin Efficacy International Trial), che sono stati presentati recentemente all’American Heart Association (AHA) Scientific Sessions 2014 di Chicago. In breve, i risultati di questo studio dimostrano che l’utilizzo dell’ezetimibe in aggiunta a statina ad alte dosi riduce significativamente gli eventi cardiovascolari e che il raggiungimento di valori di colesterolo LDL inferiori a 70 mg/dl (in media 53 mg/dl) ha benefici clinici significativi nel ridurre ulteriormente il rischio cardiovascolare in pazienti in prevenzione secondaria.
Il nostro paziente, pur non essendo in prevenzione secondaria, ha sicuramente un rischio cardiovascolare molto elevato, pertanto un ulteriore riduzione dei suoi livelli di Colesterolo LDL potrebbero essere utili per ridurre ancora di più il suo rischio cardiovascolare.
Si decide quindi di potenziare la terapia farmacologica aggiungendo ezetimibe 10 mg alla terapia con rosuvastatina 40 mg e dopo 3 mesi si ottiene il desiderato target di colesterolo LDL (colesterolo LDL 62 mg/dl) senza alcun effetto collaterale.
Naturalmente, essendo il paziente a rischio cardiovascolare molto elevato, è necessario procedere ad un’ ottimizzazione di tutti gli altri fattori di rischio ,all’ aggiunta di idonea terapia antiaggregante e ad un approfondimento diagnostico delle complicanze cardiovascolari secondo quanto previsto dalle linee guida (2, 10).
Conclusioni
Anche nel paziente affetto da diabete mellito tipo 2 è importante effettuare una valutazione del rischio cardiovascolare globale, sulla base della presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare e/o di danno d’organo. L’importanza della stratificazione del rischio vede concordi tutte le società scientifiche, italiane, europee ed americane, in quanto l’individualizzazione del rischio cardiovascolare globale permette di concentrare gli sforzi preventivi e di individuare la migliore strategia terapeutica per la correzione intensiva dei singoli fattori di rischio nel paziente.
L’individuazione ed il raggiungimento dei valori target di colesterolo LDL, fortemente sostenuti dalle linee guida italiane ed europee, recentemente sono stati messi in discussione dalle linee guida americane. La mancanza di obiettivi di colesterolo LDL da raggiungere è stata però ampiamente criticata: gli obiettivi sono utili per pazienti e medici perché forniscono motivazione e migliorano l’aderenza del paziente alle prescrizioni (9); le evidenze epidemiologiche supportano l’ipotesi che, per quanto riguarda il colesterolo LDL, “the lower the better”; infine i risultati dello studio IMPROVE-IT sembrano rafforzare ancora di più l’importanza del raggiungimento di un target terapeutico di colesterolo LDL sempre più ambizioso.
Letture consigliate
- Sattar N. Revisiting the links between glycaemia, diabetes and cardiovascular disease. Diabetologia 56: 686-695, 2013.
- AMD-SID. Standard italiani per la cura del diabete mellito 2014. www.standarditaliani.it
- Rydén L, Grant PJ, Anker SD, et al. ESC Guidelines on diabetes, pre-diabetes, and cardiovascular diseases developed in collaboration with the EASD: the Task Force on diabetes, pre-diabetes, and cardiovascular diseases of the European Society of Cardiology (ESC) and developed in collaboration with the European Association for the Study of Diabetes (EASD). Eur Heart J 34(39): 3035-3087, 2013.
- Costa J1, Borges M, David C, Vaz Carneiro A. Efficacy of lipid lowering drug treatment for diabetic and non-diabetic patients: meta-analysis of randomised controlled trials. BMJ 332(7550): 1115-1124, 2006.
- Taylor F, Huffman MD, Macedo AF, Moore TH, Burke M, Davey Smith G, Ward K, Ebrahim S. Statins for the primary prevention of cardiovascular disease. Cochrane Database Syst Rev 1: CD004816, 2013.
- Cholesterol Treatment Trialists’ (CTT) Collaborators, Mihaylova B, Emberson J, Blackwell L, Keech A, Simes J, Barnes EH, Voysey M, Gray A, Collins R, Baigent C. The effects of lowering LDL cholesterol with statin therapy in people at low risk of vascular disease: meta-analysis of individual data from 27 randomised trials. Lancet 380(9841): 581-590, 2012.
- http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/nota-13.
- Stone NJ, Robinson JG, Lichtenstein AH, et al; American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines. 2013 ACC/AHA guideline on the treatment of blood cholesterol to reduce atherosclerotic cardiovascular risk in adults: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines. J Am Coll Cardiol 63(25 Pt B): 2889-2934, 2014.
- Gotto AM, Moon JE. Merits and potential downsides of the 2013 ACC/AHA cholesterol management guidelines. Nutr Metab Cardiovasc Dis 24: 573-576, 2014.
- Piatti PM et al. Consensus: screening e terapia della cardiopatia ischemica nel paziente diabetico. Il Diabete 22.4: 167-213, 2010.