Giorgio Sesti1, Riccardo C. Bonadonna2, Enzo Bonora3, Paola Fioretto4, Andrea
Giaccari5, Francesco Giorgino6, Roberto Miccoli7, Francesco Purrello8, Anna Solini9,Stefano Del Prato7
1Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università Magna Grecia, Catanzaro; 2Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Parma; 3Dipartimento di Medicina, Università di Verona; 4Dipartimento di Medicina, Università di Padova; 5Divisione di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università del Sacro Cuore, Roma; 6Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università di Bari; 7Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa; 8Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Catania; 9Dipartimento di Patologia Chirurgica, Università di Pisa
INTRODUZIONE
Al volgere del nuovo secolo una rivoluzione è accaduta nel campo del trattamento della terapia del diabete tipo 2. Dopo decenni nel corso dei quali insulina, sulfoniluree e metformina sono stati gli unici rimedi terapeutici, improvvisamente si è resa disponibile tutta una serie di nuovi farmaci per la terapia del diabete tipo 2. La rivoluzione, però, non sta semplicemente nell’accresciuto numero di farmaci quanto nel fatto che alcuni di questi hanno completamente ribaltato conoscenze che hanno fatto la storia del diabete. La glicosuria è stata per secoli il segno patognomonico del diabete. Già nel 400 a.C. nel Suhsruta Samhita, un antico testo sanscrito di medicina, si parla di “urina mielata”. Nel II secolo d.C. Galeno, medico romano, pensava che il diabete fosse una malattia dei reni e 12 secoli più tardi è Paracelso a raccomandare la pratica di assaggiare le urine per porre la diagnosi di diabete. Il “gusto dolce” delle urine è riscoperto un paio di secoli più tardi da Thomas Willis per arrivare nel 1176 quando Matthew Dobson isola lo zucchero nelle urine dei soggetti con diabete. Da allora la determinazione della glicosuria è divenuta un test fondamentale sia per la diagnosi che per la verifica degli effetti della terapia anti-iperglicemizzante. Ma il diabete non è l’unica condizione associata ad aumento dell’escrezione urinaria di glucosio. Alla fine del XIX secolo, infatti, si scopre che la somministrazione di florizina, isolata nel 1855 da de Koninck dalla corteccia di alcune piante, causava glicosuria. Nel frattempo il mondo diabetologico continua a guardare alla glicosuria come un indice di cattivo controllo glicemico fino a quando, alla fine degli anni Ottanta, De Fronzo e Rossetti dimostrano che la semplice riduzione della glicemia conseguente all’aumentata escrezione urinaria di glucosio indotta dalla somministrazione di florizina nell’animale da esperimento, comportava un miglioramento della secrezione e dell’azione insulinica. Quelle osservazioni gettano le basi per la ricerca di inibitori più specifici del riassorbimento tubulare del glucosio, anche alla luce dell’identificazione e caratterizzazione dei sistemi di co-trasporto sodio-glucosio e della loro specifica distribuzione. Quelle ricerche si sono tradotte in farmaci oggi utilizzati in clinica: gli inibitori SGLT2, canagliflozin, dapagliflozin, empagliflozin, e altre molecole ancora in fase di sviluppo. Con l’introduzione di questi farmaci la valutazione “negativa” attribuita alla glicosuria si ribalta, divenendo essa un indicatore di efficacia di trattamento. Se questo di per sé è rivoluzionario, gli inibitori SGLT2 hanno generato anche un’altra e forse anche più importante “rivoluzione”. La presentazione dei dati di EMPA-REG OUTCOME® in occasione del Congresso Annuale EASD a Stoccolma nel 2015 fu accolta con un applauso fragoroso. Il trattamento con empagliflozin riduceva in modo significativo il rischio di mortalità cardiovascolare, di mortalità per tutte le cause e di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca con un effetto dimostrabile già dopo poche settimane di trattamento. Allo stupore e soddisfazione hanno, ovviamente, fatto seguito numerose domande. Quali sono i meccanismi del beneficio cardiovascolare? L’effetto positivo riguarda tutte le fasi della malattia diabetica? Qual è l’effetto sul rene? Quale il bilancio tra effetti benefici ed effetti collaterali… Tutte queste domande sono state oggetto di due giorni di discussione tra gli autori di questo documento che offre, di quell’incontro, una sintesi ripercorrendo una a una le domande più comuni che la comunità diabetologica si pone.