La malattia cardiovascolare rappresenta la prima causa di morte nel paziente diabetico.
Al fine di ridurre il rischio cardiovascolare le linee guida raccomandano un intervento intensivo finalizzato alla riduzione di tutti i fattori di rischio mediante una modificazione dello stile di vita e l’utilizzo di farmaci antidiabetici, antipertensivi e ipolipemizzanti. La terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico (ASA) è indicata in prevenzione secondaria per i soggetti diabetici con pregresso evento cardiovascolare, cerebrovascolare o con arteriopatia obliterante periferica, tuttavia, il suo utilizzo in prevenzione primaria è ancora dibattuto.
Lo scopo di questo studio è stato di valutare l’impatto della terapia antiaggregante in prevenzione primaria sulla sopravvivenza di un campione di soggetti con diabete tipo 2, seguiti presso il Centro Anti-Diabete (CAD) di Ferrara. Lo studio ha riguardato 1917 soggetti affetti da diabete tipo 2 con prima visita compresa nel periodo 1996-2006. Il follow-up medio era di 10 anni. La presenza di complicanze macrovascolari era un criterio di esclusione. Abbiamo eseguito un’analisi multivariata mediante modello di Cox, includendo nel modello l’età, il sesso, il soddisfacimento dei target raccomandati dalle linee guida nazionali per HbA1c, pressione arteriosa e livelli circolanti di c-LDL, c-HDL e trigliceridi, l’utilizzo di farmaci ipolipemizzanti, antiipertensivi e antidiabetici e l’assunzione di ASA. L’analisi multivariata ha mostrato che l’utilizzo di ASA è associato in maniera indipendente e statisticamente significativa con la mortalità per tutte le cause (HR: 0.49; 95%CI: 0.27-0.89), insieme all’età (HR: 1.09; 95%CI: 1.06-1.12), al sesso maschile (HR: 2.40; 95%CI: 1.47-3.91) e al soddisfacimento dei target di HbA1c (HR: 0.62; 95%CI: 0.39-0.97).
In conclusione, il nostro studio mostra come l’utilizzo di ASA in prevenzione primaria sia associato a una riduzione della mortalità per tutte le cause nel paziente con diabete tipo 2, indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare. Questi risultati incoraggiano l’utilizzo dell’antiaggregazione piastrinica in prevenzione primaria nel soggetto diabetico, soprattutto nei soggetti a più elevato rischio cardiovascolare.