Introduzione. Obiettivo dello studio è di fornire una valutazione clinica e funzionale a lungo termine di soggetti con diabete mellito (DM) sottoposti ad artrodesi tibiocalcaneare (ATC) con chiodi retrogradi. Materiali e Metodi: abbiamo reclutato 14 soggetti con DM sottoposti ad ATC con chiodo retrogrado dal 2005 al 2016. Nella prima fase dello studio l’ATC è stata attuata con chiodi non dedicati, mentre nella seconda con chiodi dedicati. Tutti gli interventi sono stati eseguiti dal medesimo operatore. Prima e dopo l’intervento i soggetti sono stati sottoposti ad una valutazione clinica, mediante score della Società Americana di Ortopedia del piede e della caviglia (AOFAS), e a controlli radiografici seriati. Gli end-point di valutazione del fallimento dell’artrodesi sono stati: perdita o rottura dei mezzi di sintesi, infezioni profonde, mancata consolidazione con avampiede doloroso. Risultati: l’età media dei pazienti arruolati è di 58 anni. Il periodo medio di follow-up è di 43,7 mesi (range tra 1 e 121 mesi). Tutti i pazienti sono stati dimessi dopo l’intervento senza l’utilizzo di gessi o tutori esterni. Il 78% dei pazienti sono guariti e sono in grado di camminare senza l’utilizzo di stampelle o ausili. Il 73% dei soggetti ha raggiunto una consolidazione ossea, mentre il 23% una consolidazione fibrosa senza sintomatologia dolorosa. Alla valutazione tramite AOFAS score è stato osservato un miglioramento medio del 74%. L’end point composito di fallimento si è verificato nel 28% dei casi (4/14). Le complicanze maggiori osservate sono state perdita e rottura dei mezzi (1/4) e infezioni (3/4), le quali hanno richiesto la rimozione dei mezzi di sintesi. Conclusioni: nella popolazione con DM risulta rilevante l’incidenza delle infezioni, soprattutto di quelle a sviluppo tardivo: in 2/3 dei pazienti questa complicanza è comparsa dopo almeno 23 mesi dall’artrodesi. Ciò potrebbe aprire il dibattito sulla necessità di rimuovere i mezzi di sintesi in questa categoria di pazienti. L’ATC con chiodo retrogrado è pertanto un intervento di salvataggio nel paziente diabetico volto ad evitare l’amputazione, pur non essendo scevro da rischi.