Diabete, obesità e fumo sono condizioni caratterizzate da un aumento dei livelli circolanti di AGE e, parallelamente, sono noti fattori di rischio per l’adenocarcinoma pancreatico (PDA). L’ablazione del RAGE ritarda la progressione delle lesioni preneoplastiche (PanIN) nel topo. Inoltre, i livelli serici di RAGE solubile sono inversamente associati col rischio di PDA nell’uomo. Scopo dello studio era verificare se gli AGE favoriscono la progressione del PDA attraverso l’attivazione del RAGE. Abbiamo quindi studiato l’effetto dell’AGE carbossimetillisina (CML) in linee cellulari di PDA e in un modello murino con mutazione condizionale di Kras, incrociato con un modello bioluminescente di proliferazione. Lo sviluppo tumorale è stato monitorato in vivo con imaging di bioluminescenza e confermato istologicamente. In vitro, la CML stimolava la proliferazione delle cellule PDA e l’espressione del RAGE in maniera tempo e concentrazione dipendente; induceva inoltre l’attivazione di NF-κB, la fosforilazione di STAT3 e l’espressione dei suoi geni target PIM1 e NAFTC1. Questi effetti erano neutralizzati dal RAP, un peptide antagonista del RAGE. In vivo, il trattamento con CML induceva l’aumento dei livelli di RAGE nelle lesioni PanIN e accelerava marcatamente lo sviluppo di PDA invasivo. A 11 settimane di età (6 settimane di trattamento) il 72,7% dei topi trattati con CML presentava PDA vs. il 9,1% dei topi controllo (Ctr). Il RAP si è dimostrato efficace nel ritardare lo sviluppo delle lesioni PanIN negli animali Ctr, ma non ha mostrato alcun effetto protettivo negli animali trattati con CML. L’inefficacia del blocco del RAGE era associata alla regolazione compensatoria positiva di CD166/ALCAM nel PDA, un omologo del RAGE, e ad un aumento dell’invasività e metastatizzazione. Questi dati dimostrano che gli AGE promuovono lo sviluppo di PDA attraverso meccanismi recettoriali e potrebbero essere i mediatori del rischio aggiuntivo di PDA associato al diabete di lunga durata e ad altre condizioni caratterizzate da un aumentato accumulo di AGE. Infine, suggeriscono che una strategia mirata alla riduzione della formazione di AGE, ma non l’inibizione del RAGE, potrebbe essere idonea per la riduzione del rischio di questa patologia fatale.