Raffaella Buzzetti, Marialuisa Spoletini, Claudio Tiberti
Dipartimento di Medicina Sperimentale “Sapienza” Università di Roma
UOC di Diabetologia Universitaria, Polo Pontino, “Sapienza Università di Roma”
Premessa e background
Diabete tipo 1
Il diabete tipo 1 (T1D) è una malattia autoimmune a suscettibilità poligenica determinata dalla distruzione delle beta-cellule pancreatiche (1). Gli autoanticorpi (Fig. 1) non sembrano avere un ruolo patogenetico diretto, tuttavia, la loro presenza, quale possibile conseguenza della processazione di antigeni insulari, li rende marcatori preziosi di malattia. È stato dimostrato che almeno un autoanticorpo è presente nel siero del 95-98% dei pazienti alla diagnosi del T1D (2). Tra essi i più importanti sono gli autoanticorpi anti-insula pancreatica (ICA) (3), anti-decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD) (4), anti-insulina (IAA) (5), anti-tirosina fosfatasi (IA-2A) (6), anti-trasportatore dello zinco 8 (ZnT8) (2). Il T1D si può manifestare a qualsiasi età ma presenta un picco di incidenza intorno ai 7 anni, un secondo picco intorno ai 14 anni (7) ed incirca la metà dei pazienti esordisce prima dei 25 anni di età (8). Inoltre, numerosi studi hanno riscontrato che il rischio di sviluppare il T1D aumenta significativamente in presenza di specifici aplotipi HLA di classe II quali DRB1*03-DQA1*0501-DQB1*0201 e DRB1*04-DQA1*0301-DQB1*0302 (9-11).
La determinazione degli ICA ha rappresentato il “gold standard” per la valutazione degli anticorpi anti-insula fino all’inizio degli anni Novanta. Attualmente il loro dosaggio non viene quasi più effettuato, in parte per la difficoltà di standardizzare la metodologia in immunofluorescenza con cui vengono determinati, ma soprattutto per la difficile reperibilità del pancreas umano necessario alla loro esecuzione.L’insulina è stato il primo autoantigene insulare caratterizzato a livello molecolare. La frequenza degli autoanticorpi IAA in pazienti diabetici è influenzata dall’età di insorgenza, risultando elevata nei bambini e bassa negli adulti (12). La clonazione della decarbossilasi dell’acido glutammico, GAD), enzima catalizzatore della sintesi di acido gamma-aminobutirrico (GABA) ha permesso lo sviluppo di numerosi dosaggi per la determinazione degli autoanticorpi GAD nel siero umano, che ad oggi rappresentano il marcatore più frequente di autoimmunità nel diabete, presente in percentuali rilevanti in ogni fascia di età. La tirosina fosfatasi 2, IA-2, è una glicoproteina transmembrana localizzata nei granuli secretori delle cellule endocrine che appare coinvolta nel processo di secrezione insulinica (13). È stato dimostrato, mediante dosaggi radioimmunologici, che gli autoanticorpi IA-2 sono altamente specifici per il T1D e diretti verso epitopi diversi a seconda dell’età di insorgenza (14).
Recentemente nel siero dei pazienti con T1D è stato identificato un altro autoanticorpo, diretto verso una proteina di membrana, trasportatrice dello zinco lo ZnT8 (2) che si trova nei granuli secretori da cui viene rilasciata l’insulina (2).
Latent Autoimmune Diabetes in the Adult (LADA)/Non Insulin Requiring Autoimmune Diabetes (NIRAD)
Nel 1977 Irvine et al. hanno rilevato la presenza di ICA in alcuni pazienti con diagnosi di diabete di tipo 2 (T2D) (15). Per definire questo sottotipo di diabete mellito caratterizzato da non necessità di trattamento insulinico al momento della diagnosi clinica e dalla presenza di autoanticorpi caratteristici del T1D, sono state utilizzate varie denominazioni tra cui Non Insulin Requiring Autoimmune Diabetes (NIRAD) ecc. La denominazione che ha avuto il maggiore consenso nella letteratura scientifica per questa forma di diabete è LADA definito come una forma di diabete che non richiede terapia insulinica per almeno 6 mesi dalla diagnosi clinica, ed è caratterizzata dalla presenza di autoanticorpi diretti verso la GAD (8), IA-2, e più raramente ZnT8 ed insulina.
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