Rubrica Opinioni a Confronto a cura di Anna Solini1, Agostino Consoli2
1Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa; 2Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento, Università degli Studi di Chieti-Pescara “G. D’Annunzio”
Il “confronto” di questo numero verte sul ruolo della variabilità glicemica nella fisiopatologia delle complicanze del diabete da un lato e sulla sua importanza nella definizione delle scelte terapeutiche dall’altro. Per un verso, infatti, la eventuale definitiva dimostrazione che oscillazioni importanti della glicemia possono essere dannose quanto o più di una glicemia cronicamente alta per la salute della parete vascolare apre la strada ad una serie di interessanti speculazioni scientifiche sui meccanismi molecolari che legano i livelli di glucosio alla induzione di danno vascolare. D’altro canto, in un momento in cui la definizione di livelli target di HbA1c nel trattamento dei pazienti diabetici diventa sempre meno automatica e sempre più strettamente legata alle caratteristiche cliniche ed anamnestiche dei pazienti, la eventuale dimostrazione di una relazione tra oscillazioni della glicemia ed outcome clinici indipendente, anche parzialmente, dai livelli di HbA1c, indurrebbe a focalizzare maggiormente il trattamento della malattia su obiettivi paralleli, quali, ad esempio, il raggiungimento di adeguato livelli di glicemia post-prandiale.
Tuttavia, i dati a supporto di un ruolo cardine della variabilità glicemica nella fisiopatologia delle complicanze del diabete e nella loro prevenzione non è stato ancora dimostrato con sufficiente certezza ed il “peso” di questa variabile nella complessa equazione che descrive la malattia diabetica rimane, al momento, ancora opinabile. Proprio perché questo “peso” è “opinabile”, ospitiamo in questo numero le “opinioni” a proposito di due colleghi con ampia esperienza: così Franco Cavalot argomenterà in favore della necessità di tenere in ampia considerazione la variabilità glicemica nella determinazione del rischio di complicanze e nel disegno delle strategie terapeutiche. Al contrario, Riccardo Candido ci metterà in guardia dai facili entusiasmi, argomenterà che le prove a favore di una determinante importanza della variabilità glicemica non sono sufficientemente solide e ci ricorderà che il raggiungimento di un adeguato livello di HbA1c in assenza di episodi di ipoglicemia resta, ad oggi, l’elemento chiave che definisce il buon controllo glicemico nel diabete mellito. Speriamo che, come noi, apprezzerete l’intelligente e stimolante discussione della quale i colleghi si sono resi protagonisti e troverete… “food for thoughts” nella lettura.
La Variabilità Glicemica ha un impatto cruciale o trascurabile sul rischio di complicanze e sulle scelte terapeutiche nel diabete mellito?