a cura di Francesco Purrello
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Catania
Luca Valenti, Serena Pelusi
Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico,
UO Medicina Interna ad Indirizzo Metabolico, Centro Malattie Metaboliche del Fegato
Riassunto
La steatosi epatica non alcolica (NAFLD: non alcoholic fatty liver disease), manifestazione epatica dell’obesità e sindrome metabolica, sta diventando la principale causa di malattia di fegato nei paesi occidentali. In alcuni individui l’accumulo di lipidi si associa a danno epatocellulare, infiammazione ed attivazione della fibrogenesi (NASH: nonalcoholic steatohepatitis), con possibile progressione verso cirrosi ed epatocarcinoma. I pazienti affetti da diabete tipo 2 sono a rischio particolarmente elevato di sviluppare NAFLD progressiva. Purtroppo non esistono ancora marcatori in grado di identificare con accuratezza diabetici con NASH progressiva e non vi sono farmaci approvati per questa indicazione.
Negli ultimi anni la ricerca genetica ha però compiuto passi avanti. In particolare, la variante I148M del gene PNPLA3, una lipasi espressa a livello del fegato, è stata identificata come il principale determinante ereditario di questa condizione. Si è scoperto che in presenza di insulino resistenza i portatori di questa comune mutazione non riescono ad eliminare trigliceridi dalle gocce lipidiche per accumulo della proteina disfunzionale. Sono inoltre a rischio aumentato di NASH, fibrosi e tumore epatico. Pertanto, la determinazione della mutazione I148M è stata proposta per stratificare il rischio di NASH e di epatocarcinoma. Inoltre, la proteina PNPLA3 potrebbe rappresentare un nuovo bersaglio terapeutico. Lo studio di PNPLA3 ed altri geni che modificano il metabolismo dei lipidi nel fegato potrebbe quindi aiutare a personalizzare la gestione clinica dei pazienti con diabete ed a prevenirne le complicanze epatiche.
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